Il mercato detta le regole, le aziende devono produrre ciò che il mercato desidera. Ci sono tante scelte che non condivido, ma purtroppo bisogna accettare dei compromessi ed accontentare i clienti.
I jeans a vita bassa ne sono la testimonianza, in alcune occasioni potrebbero essere considerati sensuali, ma in tante altre inadeguati e scomodi. Montare a cavallo è sport e lavoro, la scelta dell’abbigliamento dovrebbe tendere più verso aspetti tecnici ed utili, innovare l’immagine è sempre costruttivo e necessario, ma penalizzare e stravolgere completamente le tecniche di costruzione non credo sia una buona scelta.
Borchie, lurex e strass sono dettagli che se applicati con gusto apportano valore aggiunto al capo, ma posizionati su tasche posteriori, zona soggetta a continui contatti con selle, sedili di auto, divani e sedie non credo sia una scelta oculata.
I dettagli per arricchire e movimentare l’abbigliamento americano non mancano, ma bisogna capire cosa è disposta a comprare la clientela, purtroppo in questo momento le tendenze moda sono contrapposte, skinny, fondi strettissimi, lunghezze alla caviglia.
Coniugare le tendenze con il mondo del cavallo è estremamente complesso e si rischia di produrre articoli che la clientela non recepisce.
Mai sconvolgere la propria entità, considerare sempre le origini del marchio e lavorare sui piccoli dettagli, ricami, galvaniche dei metalli, filati e trattamenti.
Benché il denim è l’articolo prediletto nel nostro mondo, utilizziamo anche tessuti di cotone tinti, leggeri per l’estate come popelin e gabardine, tessuti caldi per l’inverno come canvas e drill garzati. Colori sobri per l’uomo, colori vivaci per la donna.
Sulla camiceria, polo e t-shirt, ci si può esprimere maggiormente con colori, stampe e applicazioni, tessuti a contrasto, stampati o armaturati, dettagli innovativi, nuove tecniche serigrafiche e di ricamo.
LA FILIERA DEL JEANS RAWHIDE
Il costo di un jeans viene determinato da diversi fattori come la ricerca dei contenuti stilistici, le varie lavorazioni necessarie, i costi commerciali e trasporti.
La filiera per produrre un jeans è estremamente complessa e costosa e coinvolge diverse tipologie di aziende. Oggi per ovviare a queste complessità e ridurre i costi, molti comprano prodotti già esistenti sul mercato, provenienti da paesi low-cost, etichettano col proprio Brand e rivendono. Altri hanno dislocato le produzioni all’estero, poche sono le aziende rimaste con le produzioni in Italia, come Rawhide, vivono tanti disagi e difficoltà, costi alti, tassazione, burocrazia, ma soprattutto difficoltà a reperire strutture di produzione e materiali disponibili, in quanto con la delocalizzazione all’estero sono diventate mosche bianche. Il prezzo finale di un jeans prodotto in Italia, a prescindere dal Brand si aggira dai cento ai centotrenta euro. Per avere un’idea di cosa si sta acquistando è consigliabile guardare sempre nell’etichetta la provenienza.
Utilizzare un jeans moda per andare a cavallo non è una buona scelta, per una serie di motivi che già ho descritto sopra, i dettagli tecnici fanno la differenza, frutto di studi e correzioni effettuate da anni, fino a raggiungere la quasi perfezione.
I nostri jeans prima di essere immessi sul mercato vengono testati dai nostri testimonial (Ann Bernard Fonck, Cira Baeck, Max Ruggeri, Davide Brighenti, Claudio Salvia, Enrico Sciulli) che ci comunicano pregi e difetti ed in base alle loro considerazioni andiamo ad effettuare eventuali correzioni e migliorie.
Per il futuro, onde evitare il compromesso tecnico-moda, abbiamo previsto di differenziare la nostra produzione con l’uscita di due linee, “RAWHIDE PROFESSIONAL LINE” curerà meticolosamente gli aspetti tecnici, “RAWHIDE URBAN” seguirà le tendenze, uno stile Americano aggiornato, esalteremo i temi della musica, del Road, del mondo americano del passato e di oggi.